Houston, abbiamo un problema

“Sono bloccat*, non riesco a trovare una soluzione”. Alzi la mano chi non si è mai sentit* così, stile “Houston abbiamo un problema”. Ma è davvero così? Veramente non c’è soluzione o siamo noi – da quella posizione – a non vederla?

Un primo passaggio mentale che possiamo fare è distinguere tra vincolo, ostacolo o gabbia

Un vincolo è qualcosa che è così, punto e basta. Nel life design viene definito gravity problem, un problema di gravità. La gravità (sulla Terra) esiste, non ci puoi fare niente, quando lanci un oggetto in aria, questo ripiomberà al suolo senza che tu possa farci nulla. Inutile quindi perdere tempo ed energie a rimuginarci sopra, poiché è una condizione non modificabile, un vincolo appunto. Ad esempio, se l’azienda per la quale vorrei lavorare si trova a New York, ma io non posso andare a vivere negli USA e loro non cercano remote worker, inutile perderci il sonno o gridare all’ingiustizia, al momento questo è un vincolo. 

Un ostacolo invece è una situazione che in qualche modo può essere aggirata, modificata, superata. E’ un aspetto che meriterà di essere analizzato e studiato, per trovare la soluzione più efficace. Merita quindi che ci investiamo tempo ed energie, perché possiamo trovare il bandolo della matassa. Se ad esempio per il ruolo per cui voglio concorrere è richiesto un inglese fluente, ma io ancora non sono a quel livello, avrò moltissime possibili soluzioni per migliorare: sarà mio compito capire quale sia quella più adatta a me.

Le gabbie, invece, ce le costruiamo noi. Talvolta le facciamo così belle, da farle apparire quasi reali, come un dato di fatto, un vincolo. E invece no. È tutta farina del nostro sacco, che però con il tempo si è così solidificata da apparire cemento. Sono quelle convinzioni che sono così solide che manco ci fanno provare, ché tanto… lo so già come va a finire. Io non sono portata per le lingue, ti pare che a quarant’anni divento fluent in “inglisc”, forse forse in dialetto, … e via così! Per cui quel CV non lo mando, quella persona non la chiamo, quell’aumento non lo chiedo, perché “non sono in grado, non sono portata, non sono abbastanza per…”. Le gabbie sono convinzioni che ci fanno anche diventare veggenti, sappiamo in anticipo cosa potrebbe succedere, come potrebbe reagire l’altro, cosa potremmo rischiare e quindi ci bloccano. 

Perché sono così subdole?

  • Perché generalmente ce le costruiamo proprio benino, a nostra immagine e somiglianza, quindi per noi è davvero difficile distinguere tra quelle e i fatti oggettivi (anche se di oggettivo non c’è proprio nulla nella vita, poiché ognuno di voi vede la sua versione dei fatti, ma questa è un’altra storia).
  • Perché parlano alle nostre paure, sanno proprio colpire dove fa più male, portandoci all’immobilità, stile opossum che si finge morto. 
  • Perché talvolta sono echi di voci lontane, di qualcuno che aveva voce in capitolo, di qualcuno che in passato ci ha detto che per le lingue noi non siamo proprio portati e quindi, che mi ci metto a fare ora. 

Allora che fare?

Di fronte ad un blocco, innanzitutto chiedersi a quale di questi tre siamo di fronte: vincolo, ostacolo o gabbia? E non barate, non sempre sono vincoli, siate onesti con voi stess*. Spesso è roba nostra, perché il cambiamento ci spaventa e preferiamo rimanere nel caldo abbraccio del fango in cui siamo immersi (leggasi comfort zone, che a volte di confortevole non ha proprio nulla). Quindi, prendete carta e penna, scrivete il problema e chiedetevi a quale delle 3 categorie appartiene. 

Una volta capito di fronte a quale tipo di problema siamo, chiedetevi che cosa è effettivamente il problema, chi ne è coinvolto, dove esso si verifica, quando appare, come funziona. Mettete tutto per iscritto. La fase di definizione del problema viene spesso saltata in tronco, anche in azienda, invece è fondamentale, altrimenti si rischia di cercare soluzioni per un problema che in realtà non esiste. 

Quando si descrive in maniera empirica la situazione in cui si è bloccati, è più semplice guardarla da prospettive diverse. Si potrà ad esempio vedere che l’ostacolo sta nel come o nel chi e non nella situazione nel suo complesso. Inoltre, così facendo, si potrà frazionare il problema in diverse sottoclassi, alle quali sarà più semplice trovare una soluzione. 

Ora, nello stesso foglio, ipotizzate le diverse soluzioni possibili, senza censura, lasciando scorrere la penna. Non temete, scrivete ciò che vi viene in mente. Una volta che non emerge più nulla, fermatevi e rileggete tutto. Ci saranno delle c… pazzesche, ma anche delle soluzioni che avevate davanti agli occhi senza vederle.

E nella peggiore delle ipotesi, potete sempre chiedere una mano a qualcuno, che da fuori è sempre tutto più facile. Vi basterà dire: “Houston, abbiamo un problema” e preparare molto caffè. 

Se vuoi conoscere un gruppo di pazzi scatenati (con cui collaboro), leggi il blog dei Digital Marketers

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